Non prendevano la parola dal 2005, ma in cinque anni la situazione è peggiorata e le speranze si sono trasformate in un incubo quotidiano, dove la precarietà non coinvolge solo il contratto di lavoro, ma l’intera esistenza.
I ricercatori italiani – la cui figura scientifica e accademica (istituita con il DPR n°382/80) soffre di una costitutiva incertezza tra l'obbligo a fare ricerca e la necessità di affrontare carichi didattici crescenti – nelle ultime settimane hanno deciso di incrociare le braccia. Infatti, partendo dall’iniziativa della Federico II di Napoli, dall'8 marzo si astengono dagli insegnamenti limitandosi a fare didattica di sostegno. I colleghi di Torino, Bologna e Cagliari si sono messi in moto per cercare una soluzione analoga e il Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari ha proclamato lo stato di agitazione, invitando i ricercatori degli altri atenei italiani a non accettare incarichi d’insegnamento o di supplenza per il prossimo anno accademico. L’Associazione di categoria segnala il tentativo contenuto nel ddl Gelmini di obbligarli «all’attività didattica senza alcun riconoscimento del loro stato giuridico».
All’Unical, invece, in solitudine da due anni un ricercatore attua la stessa protesta e da sei non "produce" per l’ateneo, rifiutandosi d’inserire nelle banche dati il suo lavoro di ricerca. Romolo Perrotta, "strutturato" del Dipartimento di Storia, in una lettera inviata al Rettore il 9 marzo (v. allegato 1), spiega i motivi della sua protesta che lo porterà, tra le altre cose, a prendere parte a tutte le attività accademiche, che prossimamente lo riguarderanno, indossando una tuta blu da metalmeccanico. «Il Decreto Rettorale (DR) 1332/08, che stabilisce l’obbligo di 40 ore di esercitazione per tutti i ricercatori (che equivale a tradurre le esercitazioni in vero e proprio corso di lezioni), contraddice evidentemente al dettato del DPR 382/80 […] Capisco che, da Moratti in giù, l’università che vi siete fatta ha bisogno di manodopera a basso costo, di pecoroni che seguano con cautela e rispetto i vostri privilegi. Mi rammarica comunicarti che tutto ciò non potrà trovare in me alcuna forma di collaborazione […] oltre ad avere sospeso qualsiasi attività didattica che non siano le esercitazioni previste dalla 382/80, obietto in coscienza al suddetto DR, disobbedisco e mi rifiuto di adempiere i provvedimenti, pur accettando – nel rispetto della Costituzione italiana – la pena conseguente al mio rifiuto, qualora dovesse riscontrarsi irrispettoso nei confronti della normativa vigente».
I ricercatori italiani – la cui figura scientifica e accademica (istituita con il DPR n°382/80) soffre di una costitutiva incertezza tra l'obbligo a fare ricerca e la necessità di affrontare carichi didattici crescenti – nelle ultime settimane hanno deciso di incrociare le braccia. Infatti, partendo dall’iniziativa della Federico II di Napoli, dall'8 marzo si astengono dagli insegnamenti limitandosi a fare didattica di sostegno. I colleghi di Torino, Bologna e Cagliari si sono messi in moto per cercare una soluzione analoga e il Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari ha proclamato lo stato di agitazione, invitando i ricercatori degli altri atenei italiani a non accettare incarichi d’insegnamento o di supplenza per il prossimo anno accademico. L’Associazione di categoria segnala il tentativo contenuto nel ddl Gelmini di obbligarli «all’attività didattica senza alcun riconoscimento del loro stato giuridico».
All’Unical, invece, in solitudine da due anni un ricercatore attua la stessa protesta e da sei non "produce" per l’ateneo, rifiutandosi d’inserire nelle banche dati il suo lavoro di ricerca. Romolo Perrotta, "strutturato" del Dipartimento di Storia, in una lettera inviata al Rettore il 9 marzo (v. allegato 1), spiega i motivi della sua protesta che lo porterà, tra le altre cose, a prendere parte a tutte le attività accademiche, che prossimamente lo riguarderanno, indossando una tuta blu da metalmeccanico. «Il Decreto Rettorale (DR) 1332/08, che stabilisce l’obbligo di 40 ore di esercitazione per tutti i ricercatori (che equivale a tradurre le esercitazioni in vero e proprio corso di lezioni), contraddice evidentemente al dettato del DPR 382/80 […] Capisco che, da Moratti in giù, l’università che vi siete fatta ha bisogno di manodopera a basso costo, di pecoroni che seguano con cautela e rispetto i vostri privilegi. Mi rammarica comunicarti che tutto ciò non potrà trovare in me alcuna forma di collaborazione […] oltre ad avere sospeso qualsiasi attività didattica che non siano le esercitazioni previste dalla 382/80, obietto in coscienza al suddetto DR, disobbedisco e mi rifiuto di adempiere i provvedimenti, pur accettando – nel rispetto della Costituzione italiana – la pena conseguente al mio rifiuto, qualora dovesse riscontrarsi irrispettoso nei confronti della normativa vigente».
Allegato 1 (lettera al Magnifico Rettore Gianni Latorre)
Allegato 2 (Manifesto di Cordoba 1918 - trad. Francesco Bitonti)
Allegato 3 (Proposta Merafina per i ricercatori)
Allegato 4 (Programma essercitazioni Storia delle Origini Cristiane - dal 8 al 10 e dal 15 al 17 marzo 2010)