Il pluralismo che non serve...
Duecentomila persone, il 3 ottobre scorso, parteciparono a una straordinaria giornata di mobilitazione per la libertà d’informazione a Roma. A distanza di qualche mese il pericolo persiste. Nelle ultime settimane il Ministro Tremonti ha cercato di far approvare il decreto "milleproroghe", che ristabilisce – o meglio, torna a togliere – quello che col suo decreto aveva strappato nel giugno 2008.
Duecentomila persone, il 3 ottobre scorso, parteciparono a una straordinaria giornata di mobilitazione per la libertà d’informazione a Roma. A distanza di qualche mese il pericolo persiste. Nelle ultime settimane il Ministro Tremonti ha cercato di far approvare il decreto "milleproroghe", che ristabilisce – o meglio, torna a togliere – quello che col suo decreto aveva strappato nel giugno 2008.
La manovra levò il diritto soggettivo ai fondi pubblici per l’editoria, fondi che permettono ai giornali di idee e di partito e alle cooperative editoriali, di qualunque estrazione culturale e politica, di poter esistere. Il diritto soggettivo è il diritto di questi gruppi editoriali all’esistenza ma è anche il diritto di tutti ad avere una pluralità dell’informazione. Da quel 2008 i passaggi sui fondi per l’editoria non sono stati pochi. Nel luglio scorso un voto del Senato aveva definito una tregua di due anni, per predisporre una seria riforma. E sono in molti a chiederlo, ormai da tempo, un riordino che servirebbe, tra l’altro, a evitare di spalmare senza criterio gli ormai esigui fondi anche verso i furbetti del settore – che vedono le edicole sì e no una volta l’anno – o le testate finte o irrilevanti dal punto di vista del pluralismo informativo – molte volte prive di dipendenti. Fnsi, Mediacoop e le 92 testate che ricevono direttamente i rimborsi (Manifesto, Secolo d’Italia, Europa, Padania, ecc.), da giorni chiedono che lo Stato preservi e protegga il pluralismo delle voci e le migliaia di posti di lavoro in gioco. E proprio muovendo da un appello di queste sigle, da un paio di settimane Montecitorio si è ripreso la parola. In poco meno di tre giorni, 350 parlamentari di tutti i partiti – più della maggioranza assoluta – hanno sottoscritto l’appello sull’editoria che chiedeva di prorogare al 1 gennaio 2012 il diritto soggettivo ai fondi pubblici e una riforma seria dei contributi, per ridurre sprechi, furberie e oneri per lo Stato. Ma non è bastato e Tremonti ha concesso una proroga solo per l’anno in corso. I fondi che serviranno a finanziare i rimborsi del 2009 vengono dalle casse di palazzo Chigi e da tagli apportati agli stanziamenti da destinare per il 2009 ai giornali italiani all’estero, a quello dei consumatori, e ai contributi per le spese elettriche, per l’uso di satelliti e per le agenzie alle radio nazionali e locali e alle tv locali.
In pratica, è riuscito a mettere in una situazione critica altre realtà editoriali con un solo colpo. La situazione si complica e il ministro serial killer sembra avere sempre più voglia di uccidere.

di Benjamin Malaussène
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